Intervista agli Ufomammut: l’ossessività come mantra salvifico
Scritto da Davide Montoro il 30 Maggio 2024
Un’idea e un progetto in continuo mutamento: uno dei tanti motivi di vanto della nostra Penisola. Questi sono gli Ufomammut: un viaggio che abbiamo affrontato nel bel mezzo del loro tour celebrativo dei 25 anni. Un traguardo non da poco visti i tempi che corrono. In questa intervista abbiamo affrontato più tematiche senza porci limiti, proprio rispettando la loro tradizione, quella fatta di abbandono del proprio pensiero e viaggi (mentali e non).
D: Il vostro è sempre stato un mondo pieno di vibrazioni, significati: quale simbolo può rappresentare, secondo ognuno di voi, la vostra storia?
Levre: più che usando un simbolo, vorrei racchiudere in un aggettivo l’essenza di questo progetto: perseveranza. Fin dagli inizi della mia collaborazione, avevo notato questa cosa, ossia una costanza continua nell’impegnarsi a portare avanti questo progetto. E questa costanza ha fatto sì che si arrivasse fino ai 25 anni di attività, cosa abbastanza rara per
una band a mio avviso.
Urlo: Ufomammut è una parte di me, così come Malleus e il mio progetto The Mon. Non saprei fare altro se non suonare e creare immagini, dare sfogo alle mie visioni. 25 anni sono tanti, quasi metà della mia vita è stata dedicata a Ufomammut e non ho mai smesso di credere in questo progetto. Come dice Levre, la perseveranza è sicuramente una parola che descrive bene il nostro percorso. Ma anche fratellanza, credere in quello che si sta facendo. Se penso ad un simbolo che rappresenta Ufomammut direi che l’oroboro è perfetto, non c’è un inizio ed una fine, è un serpente che si mangia la coda, che non ha inizio né fine, apparentemente immobile, ma in eterno movimento, rappresenta il potere che divora e rigenera sé stesso, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine, proprio come Ufomammut.
Poia: credo che nella band ci sia sempre stata una tensione verso l’inesplorato, l’idea che si possano raggiungere nuovi mondi ma avendo ben chiaro ciò che siamo stati. Vedo la band come un albero che tende i rami verso le stelle, con simbolismo delle radici e dei frutti incluso.
D: Alessandro, com’è cambiata la tua vita? Da backliner a batterista degli Ufomammut, niente male no?
Levre: Sicuramente l’essere entrato in una band con così tanta storia e perennemente attiva ha cambiato certe mie prospettive. Negli ultimi anni sono cresciuto davvero molto, anche a livello tecnico, ma soprattutto di testa e caratterialmente, in quanto è comunque molto bello interfacciarsi tutti i giorni con altre persone per tenere in attivo un progetto così. Per me chiaramente è stato un onore essere entrato dopo l’uscita di Vita dal progetto, e devo dire che fin dall’inizio si è creata una forte chimica nel suonare tra di noi. Devo dire che è stato anche facile crearla perché lavorando con loro e per loro da alcuni anni si era già creato un rapporto e un legame che andava oltre al rapporto lavorativo.
D: C’è stato un progetto che non avete potuto realizzare perché non soddisfatti pienamente e non ritenuto all’altezza della situazione?
Urlo: Beh, ce ne sono stati sicuramente, e ce ne saranno ancora. Tante volte ci siamo fermati per poi ripartire, tante volte abbiamo cercato di cambiare e di ricostruirci.
Poia: mi sarebbe piaciuto registrare un disco degli Ufo con Steve Albini, ed è troppo tardi purtroppo.
D: Veniamo al nuovo disco. Avete poggiato nuove basi con una rinascita (Fenice, del 2022) per poi dare un’anima a questo nuovo corpo, che si sta arricchendo di nuove esperienze ma senza dimenticare ciò che è stato: qual è l’elemento che rende “Hidden” un album unico?
Levre: È vero, credo che in qualche modo questo album sia unico per la nostra storia, in quanto deriva da tracce che avevamo già composto per il nostro side project ma che non erano mai uscite e non avevamo mai pubblicato. Quindi in qualche modo finalmente condividerle al mondo intero fa parte di un processo e di un progetto che ci lega ormai da tempo.
Urlo: Credo che “Hidden” sia veramente un disco nostro, un Ufomammut 2.0. E’ un disco in cui le nostre anime si sono allineate per dar vita a qualcosa di nuovo, da cui ripartire. Come dice Levre, alcune tracce erano nate quando ancora suonavamo con Vita e avevamo dato vita ad un progetto parallelo in cui volevamo fare qualcosa di diverso.
Poia: è, come già detto in modo diverso da Levre e Urlo, il risultato di una nuova alchimia ed un nuovo modo di ridefinire i nostri limiti musicali.
D: Se dovessimo racchiudere il vostro universo in due parole, noi diremmo come prima “reinventarsi”. Quanto è importante per voi questo concetto?
Urlo: Tantissimo. Ho sempre creduto fosse importante continuare a rinnovarsi, a reinventarsi per fare dischi sempre differenti, cercando di non ripeterci troppo. Quando siamo “esplosi”, eravamo arrivati ad un punto in cui non ci saremmo più potuti muovere. Avevamo bisogno di cambiare, di ripartire. Avere rispetto per sé stessi, come diceva Freud, significa eliminare dalla propria vita ciò che ci fa male, senza odiarlo, semplicemente evolvendoci.
D: L’altra scelta ricade inevitabilmente su “flusso di coscienza”. Raccontateci un po com’è cambiato nel corso del tempo il modo di approcciarvi alla composizione. Ci sono stati artisti, conosciuti negli anni, che vi hanno letteralmente illuminato a tal proposito?
Levre: Sicuramente ed inevitabilmente con il mio ingresso nella band è cambiato anche un pò il metodo di composizione, o perlomeno è cambiato un pò l’approccio. Questo credo che si possa sentire negli ultimi due album. Devo dire che però poi il modo in cui si compone è rimasto lo stesso, ossia ci vediamo in sala prove tutti assieme e componiamo tutti assieme.
Poia: non saprei citare nessuna influenza particolare, non a livello conscio almeno. Tutte le nostre esperienze e gli artisti che ci piacciono aggiungono di sicuro nuovi linguaggi al nostro arsenale, ma la creazione dei brani ha sempre seguito un percorso naturale e dettato dall’intuizione di un momento e dalla successiva, ragionata stratificazione degli elementi. Il fatto di registrare ogni volta i brani man mano che si formano e poi riascoltare, ci ha sempre aiutato a definirli e perfezionarli…o anche ad abbandonarli.
D: Molti vostri brani sono accattivanti giochi di parole tra elementi terreni e altri più “trascendentali”: (ne nominiamo giusto tre di loro: Pyramind, Demontain, Chaosecret). Quanto è importante il mondo esoterico e rituale per capire la vostra musica?
Urlo: Penso che dentro di noi esista un mondo da cui attingere per creare immaginari sconfinati. Ufomammut ha sempre fatto uso di parole e simboli facendoli propri, reinterpretandoli e creando un proprio mondo preciso. Le parole sono fatte per costruire immagini, il titolo di una canzone a volte è più importante del testo stesso, perché è ciò che ti colpisce, racchiude tutto, dal suono all’immagine.
D: Quando si tratta di ascoltare musica siete dei veri e propri onnivori? C’è qualcosa che non vi va giù?
Levre: Devo dire che col passare degli anni, in confronto al periodo adolescenziale per esempio, sono molto più onnivoro a livello di musica. Paradossalmente ascolto pochissimo sludge, doom, stoner, ma molta più elettronica, musica sperimentale o ambient, o anche rap. Personalmente non c’è un genere in particolare che non mi vada a proprio giù, perché cerco di vedere sempre il lato positivo anche nei generi musicali che non mi piacciono. Chiaramente, certe cose molto commerciali non mi vanno giù, ma in realtà per esempio anche nel mondo pop ci sono molti esempi di artisti che spaccano ed hanno una bravura davvero unica anche se fanno un genere che poi non ascolto. Quindi devo dire che è un
pò tutto relativo.
Urlo: Non esiste un genere unico, non ascolto molto alcune band da tanto tanto tempo, non mi sono mai piaciuti gli Electric Wizard mentre ho sempre amato gli Sleep degli anni 90. Ho sempre cercato di ascoltare più cose differenti possibile, senza fermarmi ad un genere (parola che trovo limitante per la musica). Mi piace spaziare e, ultimamente, faccio fatica a trovare qualche cosa che mi colpisca veramente. Oggi la musica è troppo frenetica, tutto dura un istante ed è già vecchio. E’ tanto facile ascoltare di tutto quanto dimenticare.
Poia: alcune band sono state fondamentali nella nostra formazione per definire parte del nostro background sonoro. Cito, in ordine sparso, Melvins, Sleep, Snail, Motorpsycho, The God Machine, 35007, Monster Magnet, Fu Manchu, Entombed, Kyuss. Ma non perchè facessero parte di un genere prestabilito. Era ciò che ci colpiva in quegli anni, un
misto di psichedelia, groove, potenza sonora, e attitudine grezza, viscerale, sincera e originale. I miei ascolti hanno sempre spaziato e non mi piace limitarmi ad un solo genere, soprattutto quando questo diventa manieristico. Sarebbe un peccato privarsi di tutto il mondo musicale che ci circonda.
D: Parlateci di Kismet. Troviamo che la prova vocale qui sia particolarmente sentita, non è un caso, vero? Come se ci fosse un’urgenza tangibile nel voler urlare qualcosa di vitale importanza.
Urlo: Kismet è il sogno del viaggio verso il sole, come una cascata che scorre verso il cielo, raggiungiamo lo spazio per fluttuare verso la luce. Ho cercato di approcciarmi alla voce in maniera molto differente in “Hidden”, portando avanti un discorso che sto facendo da Fenice e con il mio progetto solista The Mon. La voce è sempre uno strumento, ma le linee sono meno “dritte”, più studiate e in qualche modo più particolari.
D: Vi lascio il classico spazio finale per ricordare a chi ci legge dei vostri prossimi appuntamenti dal vivo per promuovere Hidden e se vi va, farci scoprire qualche libro, film o disco per ognuno di voi che vi hanno colpito particolarmente in questo periodo.
Levre: Con questo tour stiamo festeggiando i 25 anni di attività e l’uscita di “Hidden”: è partito il 15 maggio e toccherà molti paesi europei, anche il Regno Unito. In questo 2024 avremo un’intensa attività live; anche in estate suoneremo in alcuni festival tra cui il Rockstadt Extreme Festival in Romania e il Brutal Assault in Repubblica Ceca. Il consiglio è di seguirci sui nostri canali social in modo da stare al passo con le nostre date live! Un libro che consiglio è Q di Luther Blissett (ossia Wu Ming), mentre come disco posso consigliare l’omonimo degli A.S.O.
Urlo: Ha detto tutto Levre! Io consiglio a tutti un classico come “Norwegian Wood” di Murakami e un disco come “Spira” di Daniela Pes. Grazie!
Poia: “La Strada” di Cormac McCarthy, che sto leggendo proprio ora, “Supercluster” dei Jaaw, e la serie tv “Andor”, una gemma sottovalutata ed inaspettata, nel calderone dell’universo Star Wars.