TOOL – LA RECENSIONE DEL CONCERTO DI FIRENZE

Scritto da il 16 Giugno 2024

TOOL

Firenze, 15 giugno 2024, Firenze Rocks

Live Report

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Solo in Italia. Tornerò sulla questione tra poco. Prima le cose importanti. Sdraiato sul prato, ascolto le ultime note dei The Struts. I dEUS avrei voluto vederli ma ero troppo impegnato a portare a termine l’ultima delle due ore e passa, impiegate per accedere al mio maledetto Pit arancio molto ben pagato. Tornerò sulla questione tra poco.

Dicevo, mentre finisco di ascoltare gli Struts non posso fare a meno di considerare che per l’ennesima volta la lineup a supporto dei Tool non ha nulla a che fare con il loro mondo. Troppo seminali, troppo a modo loro per trovare gente diversa ma affine e che sappia suonare. L’alternativa sarebbe mettere in cartellone solo band cresciute e/o ispirate a loro e che abbiano sposato la loro stessa missione musicale. Mentre mi perdo in tutta una serie di ragionamenti su cosa possa aver spinto 4 ragazzi californiani a trovare una via impossibile per coniugare l’alternative sottocutaneo americano con i King Crimson, l’eptagramma viene issato sopra quel locomotore da treno merci che tra poco sarà la batteria di Danny. Stanno arrivando.

Ho dato una sbirciata alla scaletta e quindi so che il battito cardiaco campionato di Third Eye non è il preludio alla stessa, ma a ben altro. La scaletta l’ho controllata perché serpeggiano voci che saranno costretti a fare uno show ridotto per questioni logistiche. Questioni logistiche che imporranno di spegnere tutto intorno alle 23. Conti alla mano qualcosa salterà dalla scaletta usuale che stanno portando in giro. Temo più di qualcosa ma – Allerta Spoiler – solo Schism e Lost Keys saranno sacrificate sull’altare del Firenze Rocks 2024. Le pause saranno ridotte al minimo e con 5 minuti di anticipo e 10 di ritardo assisteremo a quasi una setlist normale. Tornerò sulla questione tra poco.

Ero pronto. Giuro che pensavo di esserlo, ma all’onda sonora di Jambi non si può mai arrivare davvero preparati. Più simile ad una mandria di bufali rincorsa da una mandria di elefanti, rade al suolo lo spazio e il tempo e mi riporta nello stesso posto azzerando questi 5 anni e con loro tutte le paure, le difficoltà, l’isolamento e il dolore che, chi più chi meno, tutti abbiamo sperimentato.

La vera notizia è che al primo stacco, smaltita di poco la botta emotiva, mi rendo conto che il suono non è buono come nel 2019 e che la band, udite udite, è leggermente scollata. Parlo di piccole incertezze, come il basso che sparisce al centro di una battuta, qualche stacco leggermente in ritardo, qualche indecisione sul solo. Maynard a malapena biascica e come si muove su un registro poco leggermente più alto, gira la voce che si assottiglia perdendo credibilità. Magari è freddo, magari alla fine questi 5 anni sono passati pure per loro. In sintesi il suono non mi convince, la band non mi convince e Maynard non mi convince affatto.

Con Fear Inoculum la band si dà una regolata, riagguanta la forza di coesione solita e inizia ad alzare il consueto muro sonoro impenetrabile. Maynard ancora a malapena biascica ma nel complesso è più a suo agio. Pezzo di una noia micidiale che però dal vivo porta una spinta in più.

Non c’è tempo per Lost Keys, ma tornerò sulla questione tra poco, e si passa direttamente a Rosetta Stoned. Finalmente con il suono ci siamo. Tutto perfetto. Sempre alcune indecisioni; per un attimo, solamente un attimo si perdono ma Danny li richiama con la più elementare delle rullate sulla via maestra. Mi rendo conto che sto parlando di una manciata di battute ma con i Tool mi fa effetto.

Stavolta Maynard nemmeno ci prova. Voce tutta dietro nel volume e sepolta sotto un mare di effetti. Dio solo sa come abbia fatto a portare a casa il pezzo.

Raggiunto un eccellente livello di suono e una coesione ottima, Pneuma fa un figurone dal vivo. Maynard biascica ancora ma regge meglio e siamo a due. Inizio a pensare che Fear Inoculum non sia il disco che volevano fare, ma il disco che si potevano permettere di fare. Inizio a pensare che in fondo, davvero, il tempo passa per tutti. E che se anche Danny migliora invecchiando, forse, tutto il resto scricchiola come è giusto che sia.

Mi sbagliavo. Cazzo se mi sbagliavo. Intollerance accende di rosso tutto il Visarno. La gabbia toracica di Undertow, per l’occasione gommosa, ci ammicca e ci invita a seguirli con l’ultima costola in basso a destra. Eccoli: Storti. Aggressivi. Perfetti. Definitivi.

Il riff di risoluzione di Adam arriva con una potenza sonora devastante e Maynard inizia il suo canto.
You lie Cheat and steal! Regge bene. Vediamo se sale. You lie Cheat and steal! Sale. Vediamo se Tuona You lie Cheat and steal! E finalmente Tuona. Tuona come un dio caduto in disgrazia che finisce a regnare in qualche luogo oscuro che ci descrive in modo impeccabile dal 1993. Adesso ci siamo.

Finora scaletta quasi integrale quindi quando inizia Descending mi prende un colpo perchè realizzo che ciò che mancherà farà male. Pezzo eseguito pari al disco. Nulla da aggiungere se non quanto detto circa Pneuma.

L’aria è tesa e inizia The Grudge. Capisco che non ascolterò Schism ma ascolterò per la prima volta dal vivo il pezzo di apertura dell’inarrivabile Lateralus. Ormai sono inarrestabili e la sensazione di stare ad assistere a qualcosa di grandioso è tangibile. Sull’urlo di nuovo pieno di rabbia di Maynard, pure il cielo si spezza e inizia a piovere.

Non c’è Tempo per la megafinta “Ciao Firenze” e tornare con il bis. Parte quella che nelle altre date è definita come Bass Jam Session. Poca Jam Session ma molto Bass. Justin a un certo punto arriva a prenderlo a testate, quindi forse un po’ di Jam c’è.

La pioggia sale leggermente e arriva Flood. Ritorno ai pensieri di poco prima del concerto. Penso a 4 ragazzi che iniziano a sperimentare un po’ come quando si avanzano gli studi. Parti da un’equazione di primo grado e finisci a quelle alle derivate parziali, in una architettura di astrazioni che problema dopo problema ti allena a trovarne sempre di più complicati. Penso a quanto Undertow sia distante da Lateralus e a come abbiano raggiunto negli anni i loro livelli di consapevolezza.
Con una tecnica e uno stile tutto loro che non puoi imparare in nessuna scuola di musica di virtuosismi e diplomi.

E l’intenzione era tutta apparecchiata. Già dentro Flood ci sono tutti gli elementi che lasciavano presagire ciò che avrebbero fatto. E quindi me li godo e li rivedo ragazzi mentre la suonano. Impeccabili come con Intollerance. Ancora una volta immensi e definitivi.

Lo ammetto. Per un attimo ci ho sperato che il setting di suono fosse quello di Schism e che all’ultimo sarebbe arrivata al posto di Invincible. Invece Invincible invade l’aria di tutti noi accompagnandoci alle canoniche e fatali 23. Non ci credo. Quindi niente Stinkfist?

No. Arrivano le scosse elettrostatiche e finalmente Aenima compare in questa edizione del Firenze Rocks.
Lo fa tramite la sua traccia di apertura che letteralmente esplode nell’aria. Il confronto con il pezzo appena ascoltato, seppur eseguito in modo magistrale, è impietoso. Aenima e Lateralus non sono lo stesso campo da gioco, non sono lo stesso campionato e non sono nemmeno lo stesso Sport (cit.).

Me ne rendo conto guardando i volti di chi mi sta accanto. Prima avevano ottenuto da noi la nostra curiosità, adesso la nostra attenzione (altra cit.).
In un tuono finale di inaudita potenza chiudono lasciandoci ancora una volta consapevoli di aver assistito a qualcosa di unico. Partono gli AbbA perchè alla fine si scherza. So ragazzi.

Questa è l’ultima volta che metterò piede al Firenze Rocks, a meno che non riescano a portare i Led Zeppelin. Allora ci torno.
Inaudito come un biglietto venduto a quella cifra costringa ad impiegare più di due ore per accedere allo stage. Strade transennate nel raggio di un chilometro dalla struttura, pure affatto piccola, hanno reso una prova di mezzofondo l’ingresso. Inoltre ho perso, come tutta l’altra moltitudine di persone, i dEUS.

Inaudito che si impongano restrizioni sull’orario accorciando uno show. I Tool ci hanno messo una pezza e infilato dentro tutto quello che hanno potuto, ripeto azzerando ogni possibile pausa e rubando qualcosa in anticipo e in ritardo. Il costo del biglietto tuttavia era integrale.

Inaudito, a maggior ragione per quanto detto, che abbiano fatto suonare gli Struts un’ora e un quarto e impiegato 45 minuti per preparare il palco.

Inaudita la fast lane per i servizi igienici a pagamento, pure con file solo poco meno chilometriche rispetto a quelli standard.
Inaudita la tripla fila per i Token, per le bevande e per il cibo. Siamo nel 2024. Basterebbe un’app per comprare i token e scansionarli direttamente dal cellulare al momento dell’acquisto di quel che si vuole. Si eviterebbe in questo modo anche lo spreco di Token, giusto? Appunto come abbiamo fatto con le eccedenze dei Token? A fine concerto, erano finiti anche cibo e birra in ogni stand. Valanghe di token pagati e inutilizzabili, gettati via nell’unico prodotto utile: Acqua. Perchè al prezzo pieno di 4 Token, finita la birra alla spina, vendevano le lattine da 33. Inaudito davvero.

Organizzare eventi è un lavoro duro e complesso e si può essere sempre perfettibili. Ma qui siamo lontani anni luce anche dalla mera sufficienza. Dicevo all’inizio. Solo in Italia.

 

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