Il Grande Lebowski – Una Colonna Sonora Che Fa Strike!

Scritto da il 17 Ottobre 2024

il grande lebowski locandina filmRadio Elettrica è tornata ufficialmete on air con il nuovo palinsesto e la nuova stagione, e con essa riprende anche la rubrica Let the music Play – quando la musica diventa film. E torniamo con un film che è stato prima uno spartiacque di pubblico e critica poi col tempo è diventato un vero e proprio cult: Il grande Lebowski (The Big Lebowski) pellicola del 1998 firmata dai fratelli Coen (Hula Hoop, Fargo, Fratello, dove sei?).

La trama racconta la disavventura che il protagonista, Jeffrey Lebowski detto il “Drugo”, si ritrova a vivere a causa di un caso di omonimia. Siamo a Los Angeles e Jeffrey Lebowski è un hippy fannullone appassionato di bowling, che passa le giornate a fumare erba e bere White Russian, il suo cocktail preferito. Quando due scagnozzi mandati dal magnate del porno e boss della mala, Jackie Treehorn, piombano in casa sua, per il Drugo comincia un’ avventura senza eguali.

Jeffrey Lebowski infatti, è anche il nome di un miliardario locale la cui moglie ha diversi debiti col boss, ma i due minacciano il Lebowski sbagliato. Prima di andarsene uno dei due urina sul tappeto d’ingresso del Drugo, il quale farà di tutto per farsi ripagare la tintoria dal miliardario, vero destinatario dell’avvertimento.

Quello che probabilmente non ci si aspetta da un film così grottesco, è una nutrita e interessante colonna sonora. Questa infatti spazia tra vari generi musicali e contiene tra altri, anche nomi importanti come ad esempio Elvis Costello, Bob Dylan e Nina Simone.

Le scene iniziali si aprono sulle note di The Man In Me del sopraccitato Bob Dylan. Questo brano del 1970 contenuto nell’album “New Morning”, vede alla sessione musicale talenti del calibro di Al Kooper e Charlie Daniels. Ron Cornelius, qui alla chitarra, ha dichiarato che inizialmente il brano aveva un tempo più lento, ma che non appena hanno cominciato a registrare, Dylan l’avrebbe suonata con un tempo totalmente diverso cosa che ha sconcertato i musicisti, portandoli a suonare al massimo delle loro forze.

Altro brano magistralmente eseguito da Nina Simone, è I Got it Bad (And That Ain’t Good) di Duke Ellington, contenuta nell’album di quest’ultimo “Jump for Joy” del 1941. Ellington scrive questo brano, che poi col tempo diventa uno standard Jazz, per il musical Jump for Joy. Era già famosa tra gli appassionati di Jazz ancora prima della pubblicazione avvenuta nel 1941.

La splendida voce che ascoltiamo (nella versione originale) appartiene a Ivie Anderson che qui viene accompagnata dalla leggenda del sassofono Johnny Hodges.
Ellington, ha scritto la colonna sonora del musical spinto dal suo coinvolgimento nel crescente movimento dei diritti degli afroamericani. Il musical vuole scardinare lo stereotipo secondo cui gli afroamericani parlano in dialetto, alzerebbero di continuo gli occhi al cielo, e camminano con un andatura strascicata. Tutti elementi che facevano parte dello stereotipo cinematografico e teatrale dell’epoca.

Questo brano gode di tantissime cover. Oltre alla versione di Nina Simone, presente nel film, altri nomi sono ad esempio quelli di Louis Armstrong, Tony Bennett, Marvin Gaye, Cher, Nat King Cole, Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Etta James, Frank Sinatra e tanti altri. L’elenco è davvero lungo.

“Abbia pazienza, ho passato una brutta serata, e non sopporto gli Eagles.”

Altro nome che in questa colonna sonora sicuramente non può mancare è quello degli Eagles che in questo film troviamo in una doppia versione: una cover e una loro canzone che però non compare nella colonna sonora, ma che ascoltiamo dall’autoradio di un taxi che prende il Drugo.

La cover è quella di Hotel California qui eseguita dai Gipsy Kings. Questo meraviglioso brano del 1976 che dà il titolo anche all’album, è stato scritto da Don Felder, Glenn Frey e Don Henley e parla del materialismo e l’eccesso. È ambientato in California, ma potrebbe essere stato ambientato in una qualsiasi parte d’America.

In un’intervista rilasciata al London Daily Mail del 9 novembre del 2007, Don Henley racconta delle varie interpretazioni date a questo brano. Alcune anche selvagge. Il brano parla davvero di eccessi della cultura americana e di alcune ragazze che la band conosceva, ma vuole gettare luce anche sul difficile equilibrio che c’è tra arte e commercio.

Qualche giorno dopo il musicista ritorna sull’argomento aggiungendo: “È una canzone sul ventre oscuro del sogno americano e sugli eccessi in America, che era qualcosa di cui sapevamo” (intervista rilasciata in TV al news show 60 Minutes).

Successivamente ha dichiarato ancora un’altra versione. Al documentario History of the Eagles del 2013 ha detto: “È una canzone su un viaggio. Dall’innocenza all’esperienza”.

L’altro brano della band e di cui ne ascoltiamo un estratto durante la visione, è Peaceful Easy Feeling contenuta nell’album di debutto “Eagles” del 1972.

C’è una storia bellissima, dietro questa canzone.

L’autore è un certo Jack Tempchin, cantautore di San Diego che la scrive nel 1969. Una notte dopo essersi esibito in un club, alla fine del concerto aspetta tutta la sera una cameriera con la quale vuole stingere amicizia. La ragazza però se ne va lasciando Jack senza un passaggio (e l’amicizia). Non sapendo dove andare, si corica sul pavimento del locale che però è troppo duro e scomodo per dormire.

Per ammazzare il tempo, prende la sua chitarra e comincia a comporre questa canzone scrivendo il testo dietro uno dei suoi volantini. La canzone viene finita in più fasi. Intanto Jack raggiunge alcuni amici che vivono a Los Angeles e che sono assidui frequentatori del Troubadour, un nightclub situato a West Hollywood.
Gli amici sono Glenn Frey, Jackson Browne, J.D. Souther e vari altri artisti emergenti della scena musicale della West Coast.

Frey per caso ascolta Jack che sta suonando Peaceful Easy Feeling così il cantautore decide di registrarla su una cassetta e darla all’amico. Qualche giorno dopo, Frey si presenta a Jack con una demo eseguita dalla sua band che intanto stava accompagnando Linda Ronstadt. La band in questione presto si sarebbe chiamata Eagles.

Peaceful Easy Feeling è contenuta nell’album di debutto del 1972 ed esce come terzo singolo della band.

Jack Tempchin ha continuato a scrivere per gli Eagles. Sua è Already Gone e ha aiutato Frey a scrivere il suo successo solista You Belong To The City.

Il volantino utilizzato da Tempchin per iniziare a scrivere il testo di Peaceful Easy Feeling è ora al Grammy Museum.

Come detto all’inizio, quando uscì Il grande Lebowski, critica e pubblico si trovarono spiazzati. Forse perché obiettivamente, non arriva subito che il film è una parodia del noir americano degli anni ’40 e in particolare al film Il grande sonno con il quale ha diversi punti in comune. Solo con il tempo il film è stato rivalutato e oggi viene considerato un vero e proprio cult movie da vedere e rivedere.

Il Grande Lebowski è disponibile in streaming su: Apple TV, Google Play, Now TV, Prime Video.

Guarda il trailer

 

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