Afrobeat – Fela Kuti e le contaminazioni moderne di Tony Allen

Scritto da il 8 Agosto 2024

PAROLA CHIAVE: AFROBEAT

Fela Kuti

Tony Allen Drums

Qualche tempo fa mi imbatto in una versione originalissima di Moanin’ di Art Blakey. E’ sostenuta da un ritmo che non è tipicamente jazz; eppure contiene qualcosa di straordinario al suo interno. il drumming è quello di Tony Allen, musicista nigeriano importantissimo che ha contribuito dagli anni 70 alla diffusione mondiale di quel genere musical chiamato Afrobeat. L’Afrobeat fa riferimento a Fela Kuti, leggenda del genere musicale, che combinava highlife, jazz, funk e influenze musicali yoruba e i cui testi erano prevalentemente messaggi e proteste di tipo politico. Mentre oggi la maggior parte dei fan ritiene che sia la Nigeria ad aver dato i natali a questo genere musicale – patria anche di Fela Kuti – la storia racconta di club dove ad Accra (Ghana) negli anni venti del secolo scorso, band all’epoca molto famose diffondevano i suoni dell’highlife. Il termine si dice derivi dalle abitudini delle élite africane, da un genere di vita bella (anche in termini estetici) spensierata e senza problemi. Per tutta la sua vita, Fela Kuti ha mantenuto la sua influenza sulle caratteristiche stilistiche ed ideologiche dell’Afrobeat del quale ne è l’indiscusso creatore. Con il termine Afrobeat (una contrazione tra «african» e «beat»), il Black President (così Fela veniva definito) intendeva rinnovare il suo proposito nei confronti del discorso panafricanista. La sua musica voleva rappresentare una fonte di orgoglio culturale, non solo nigeriano. Fela Kuti muore il 2 agosto 1997 lasciando al mondo una discografia monumentale (circa 77 album), ma certamente non inutile. Dopo la sua morte, l’Afrobeat ha registrato uno interesse globale, con generazioni di musicisti di tutte le etnie e le estrazioni sociali, a New York, San Francisco, Londra, Parigi e altre capitali culturali in tutto il mondo, che hanno ricontestualizzato il genere e il celebre slogan

«music is a weapon of the future»

da lui coniato.
 Nell’arco di quasi tre decenni dalla scomparsa del musicista e attivista nigeriano, una nuova rivoluzione culturale ha preso piede in nome dell’Afrobeat e Fela è divenuto la figura iconica di un movimento controculturale globale. Perciò quando si parla di un genere che ha ampiamente proliferato come l’Afrobeat, non bisogna soffermarsi unicamente ai modi in cui si sono delineate le alleanze tra le varie scene musicali, ma anche ai processi attraverso cui l’identità musicale si è articolata attraverso queste scene.

TONY INCONTRA DAMON

Tony Allen Damon Albarn

Ma ritorniamo a Tony Allen, che avevamo lasciato con la sua cover di Moanin’ e ci fermiamo all’anno 2007. C’è un musicista inglese che ha sempre dimostrato grande interesse per le sperimentazioni musicali e da sempre affascinato dalle sonorità provenienti dalle culture africane ed asiatiche. Nel periodo di “vacanza” dai Blur, Damon Albarn si avvicina all’Afrobeat conoscendo personalmente Tony Allen e coinvolgendolo in molteplici progetti musicali. E’ una nuova linfa vitale quella che infonde Tony Allen (che ormai ha passato i 70 anni) alla musica internazionale senza snaturare il messaggio sociale profuso dalla sua musica. Si concretizza così la prima esperienza su disco tra Damon Albarn, Tony Allen e Flea (bassista dei Red Hot Chili Peppers) che vedrà la luce nel 2011 con il nome di Rocket Juice & The Moon. In questo disco troviamo numerose collaborazioni: da Erykah Badu a Thundercat a Fatoumata Diawara.
Questo non è altro che un piccolissimo esempio di ciò che scatenerà nel mondo musicale l’introduzione delle ritmiche dell’Afrobeat. Le collaborazioni con Tony Allen diventano sempre più frequenti e con svariate realtà musicali: con i Gorillaz, con The Good The Bad And The Queen (side project di Albarn con Paul Simonon al basso), con il batterista francese Marc Cerrone, con il trombettista Hugh Masekela in un bellissimo disco del 2020 Rejoice, con Joan As Police Woman e non ultima una collaborazione con i nostrani Nu Genea.

Tony Allen Hugh Masekela Rejoice

The Good, The Bad & The Queen

Rocket Juice & the Moon album

Joan As Police Woman Tony Allen

LA SCISSIONE CON FELA

Il distacco tra Tony Allen e Fela fu determinato da una serie di cause soprattutto ideologiche; per Fela,  l’Afrobeat era una musica che doveva appartenere ad un territorio e ad una popolazione; per Allen la tradizione musicale doveva essere comunque diffusa senza frontiere culturali. Nel 1979, di ritorno dal concerto di Berlino (1978) Tony Allen che aveva ricoperto un ruolo fondamentale nella creazione di quel suono con una personalità africana e un appeal globale. A causa di divergenze ideologiche e a questioni legate ai diritti sulle composizioni e al mal funzionamento della band, Tony Allen compie in quell’anno un passo decisivo verso una personalizzazione del suono, lascia la band e si mette in proprio, pubblicando nel 1980, con gli Afro Messengers, l’album, No Discrimination. Già da qualche anno prima, nel 1975, il batterista comincia a comporre brani in autonomia, Jealousy, poi Progress nel ’77 e No Accomodation for Lagos nel ’79, con il supporto degli Africa 70. Qualche anno dopo nell’84, Allen prende un’altra decisione che si rivela strategica per l’evoluzione dell’Afrobeat. In quell’anno, infatti, si trasferisce in Europa, stabilendosi a Parigi e nell’85 con gli Afrobeat 2000 pubblica Never Expect Power Always (N.E.P.A.), mettendo così le basi pre il suo futuro musicale.

IL PERIODO POST FELA-L’AFROBEAT ESPLORA NUOVI TERRITORI

Nel periodo post-Fela (deceduto nel ’97), Tony Allen si dedica al mondo della sperimentazione elettronica che caratterizzerà le sue produzioni successive. Si rivolgerà pertanto al dub giamaicano, ed al jazz chiaramente ispirato a Sun Ra di Jimi Tenor per la serie Inspiration Information della Strut Records. L’Afrobeat si rivolge ad a una platea internazionale tanto che nel 1989, si presenta sulle scene musicali il figlio di Fela Kuti, Femi. Femi Kuti lascia la nuova band di Fela (gli Egypt 80) e forma i suoi Positive Force. Nel ’95 Femi Kuti, firma un contratto discografico con la Motown (a suo tempo snobbata dal padre) cui fa seguito un lungo tour in Europa e negli Stati Uniti. Dunque, come Tony Allen aveva già lasciato Fela nel 1979, anche Femi Kuti si appresta ad intraprendere nuove strade di sperimentazione; collabora con eminenti personaggi del mainstream statunitense come Mos Def, Common, Macy Gray, D’Angelo, e nel 2003 riceve una nomination ai Grammy nella categoria world music per Fight to Win.

L’EREDITA’ dell’AFROBEAT

Senza dubbio è riconosciuto Fela Anikulapo Kuti come una delle figure più influenti del secolo scorso. Nonostante l’Afrobeat sia strettamente connesso con Lagos (Nigeria) la città da cui ha avuto origine, sicuramente è stata New York l’epicentro di questo Movimento Afrobeat Globale che possiamo dividere in due periodi, il primo a partire dalla fine degli anni Novanta, mentre il secondo si è avviato verso il termine degli anni 2000. La tendenza in atto, tuttavia, sembra svuotare l’Afrobeat della retorica politica fortemente voluta dal suo creatore, correndo il rischio di essere ridotto ad una mera operazione commerciale una volta assorbito dall’industria culturale. Il concetto di Afrobeat secondo Fela doveva trasmettere un messaggio sociale originale, e che non fosse solo una copia, perché lo stesso Fela Kuti odiava quelle che lui chiamava le copyright band, (le attuali cover band) considerando l’Afrobeat come una musica classica moderna. Fela aveva una formazione classica, da Conservatorio, e coltivava un’adorazione particolare per compositori come Handel, Bach, oltre che per jazzisti come Miles Davis. Questo spiega la struttura polifonica dell’Afrobeat. Cosa mettere dunque sul giradischi oggi per avere una buona conoscenza dell’Afrobeat così come viene interpretato dalle nuove generazioni? Sicuramente la band dei Khruangbin è diventata in questi ultimi anni la portavoce delle sonorità così care a Tony Allen e Fela; non viene rivolto alcun messaggio politico, ma sono imprescindibili gli elementi che hanno caratterizzato le basi di tutto l’Afrobeat. Dall’etichetta Daptone che ha il quartier generale a Brooklyn provengono molti gruppi che hanno assimilato le particolarità e le sonorità dell’Afrobeat. Tra queste le più importanti vi consiglio Antibalas, Menahan Street Band, The Budos Band. Tutte queste band hanno un sound riconoscibilissimo ed immediatamente riconducibile all’Afrobeat. Non ultimo va ricordato il progetto The Smile di Thom Yorke e Jonny Greenwood, accompagnati dal batterista dei Sons Of Kemet, Tom Skinner che prende grande ispirazione dalle sonorità dell’Afrobeat nella costruzione delle parti ritmiche. Anche l’Italia non ha ignorato le sonorità esotiche dell’Afrobeat. Oltre ai già citati Nu Genea che hanno collaborato con Tony Allen, è importante il ruolo dei C’mon Tigre, che estendono la contaminazione musicale a tutto il continente africano. Di grande importanza anche la band I Hate My Village, supergruppo formato da Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion) e Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours) che in modo originalissimo sono in grado di miscelare il drumming afro con sonorità noise.
Con la morte di Fela il 2 Agosto del 1997 si è comunque conclusa un vera e propria epoca musicale. I vortici oscuri di batteria e l’estrema ripetitività rendevano i dischi di Fela perfetti per le maratone trance delle discoteche, e le ritmiche feroci si ricollegavano alla pesante attenzione alle percussioni di molta della prima musica disco. Gli Africa 70 avrebbero fatto riferimento al rapporto con la discomusic proprio con il pezzo Afro-Disco Beat nell’album solista del 1977 di Tony Allen Progress, probabilmente la prima vera e propria contaminazione tra i ritmi nigeriani ed il resto del mondo.

 

 

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