Dudu Tassa & Jonny Greenwood: recensione di Jarak Qaribak
Scritto da Manuel Nash il 7 Luglio 2023
Dudu Tassa & Jonny Greenwood
Jarak Qaribak
(BMG)
Electronic, Pop, Folk, World, & Country
Quello di Greenwood non è il classico caso del musicista affermato che, nelle ore di libera uscita dalla band con la quale ha raggiunto il successo, non sa tenere a bada l’irrefrenabile impulso ad entrare in modalità “scheggia impazzita”.
Non ha la vocazione del kamikaze fiero di schiantarsi, per il semplice gusto di farlo, contro i pregiudizi dei fan più conservatori.
A dire il vero non tradisce neppure problemi con l’autoindulgenza anarchica, tipica di chi si ritrova a sabotare la propria carriera, scegliendo imprese più grandi del proprio talento.
I suoi album, frutto della collisione tra sconfinata curiosità e talento visionario, passano al microscopio gli elementi che, da sempre, porta in dote ai Radiohead e che oggi permettono, a pieno titolo, di azzardare la parentela con un David Byrne meno egoriferito.
È ora evidente che le affascinanti traiettorie di psichedelia mediorientale già tracciate in Junun (2015) non erano una stravagante parentesi.
Questa volta lo sguardo, che si fa più convintamente progressista, si perde disegnando l’orizzonte per una tradizione futuribile, grazie ad una tracklist impeccabile che non si lascia sopraffare dell’ansia di
contemporaneità ad ogni costo (la stessa che, di tanto in tanto, ha appesantito i pur ottimi istinti globalisti di Damon Albarn).
La chitarra di Greenwood è una presenza discreta, aliena a qualsiasi ipotesi di appropriazione culturale.
Quella di Dudu Tassa, star israeliana dal nobile lignaggio musicale (la storia dei suoi avi meriterebbe un documentario), è quindi la compagnia perfetta per un album che, sospeso tra drum machine desertiche e
proattiva reverenza del passato, non ha alcun timore di scomodare un cast di prima grandezza (con ospiti provenienti dalle elite di Tunisia, Egitto, Siria e Iraq) pur di rendere degnamente omaggio alla storia
della canzone d’amore mediorientale.
Jaeak Quaribak (titolo incontestabilmente appropriato il cui significato è “il tuo vicino è tuo amico”) non è il lussuoso dopolavoro di una rockstar in cerca di facili attenzioni, lacerata ed afflitta dalla
noia di una dorata routine.
Agognato ed atteso, quindi necessario, sfoggia, senza imbarazzo alcuno, quell’eleganza innata che, di norma, resta nascosta in certi complessi gesti atletici compiuti con la naturalezza di un profondo respiro.
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