La Grazia Obliqua a Genova, la recensione del concerto
Scritto da Redazione il 6 Agosto 2024
PORTO ANTICO PROGFEST 2024 – 4 agosto
La strada verso l’esterno ormai mi è familiare. Il consueto tunnel con curva a gomito verso l’alto, la scaletta che mi espone infine all’aria bollente di questo vicolo dietro il porto. Mi devo cambiare in fretta per non bollire nel neoprene e nascondere la mia tuta nel solito posto.
Eccola davanti a me, la vecchia pista da pattinaggio trasformata in palcoscenico ancora una volta. Progfest 2024, sta scritto su un cartello. Una serata intera dedicata alle varie sfaccettature del progressive, quel rock che negli anni ‘70 si fece sinfonico e, appunto, progressivo, andando ad annoverare formazioni storiche e innovative come King Crimson e Genesis e in Italia fra gli altri Banco del Mutuo Soccorso e Area. Bla bla bla, eccetera, trancian versi e manuali gli intellettuali del pop. Ma a me interessa poco. Mi intriga appena il math rock della strana coppia dei Gotho, ancor meno il prog genovese del Segno del Comando. Io sono qui per i concittadini romani de La Grazia Obliqua. E già. Ubik si riscopre il romano che era un tempo, strette di mano e chiacchiere, e poi soprattutto la musica. La Grazia Obliqua, ovvero presenze essenziali e insieme potenti. Sonorità tra il post rock e il dark, echi dei Sound, in una miscela originalissima in cui i testi a tratti apocalittici – per dirla con il cantante e portavoce Alessandro Bellotta – portano a confrontarsi con questi tempi difficili in modo realistico ma senza rinunciare alla passione, anzi facendone una bandiera. Già. Elettronica, ritmo inesorabile, protagonisti da incorniciare, come la strepitosa Alessandra “Trinity” Bersiani, una forza della natura alle tastiere e una voce che non si dimentica. Un progetto musicale ambizioso che si autodefinisce “art wave”. Fluido, domando io ricorrendo a un termine di questi tempi ormai abusato. Obliquo, come il nostro nome, mi risponde la band, che in effetti oltre che con il prog ha già interagito con il mondo del jazz.
Grande sezione ritmica, con Valerio Michetti alla batteria e Carlo Cruciani al basso e un ottimo quanto essenziale Francesco Ciancio alla chitarra. Un’oretta che rinfresca la testa, fa dimenticare il caldo e fa venire voglia di immergersi più a lungo nel mondo crudele, ma appassionato de La Grazia Obliqua. Poesia difficile per tempi complessi. E tempo di immergersi di nuovo per Ubik, ma nei suoi Manholes. Nelle sue gallerie, finché cambierà di nuovo la stagione.
By Ubik
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