PAUL MCCARTNEY A PARIGI – La recensione del concerto
Scritto da Redazione il 13 Dicembre 2024
Paul McCartney
Parigi, Défense Arena, 4 dicembre 2024
recensione del concerto
Mentre un bellissimo documentario celebra il 1964 dei Beatles, Paul McCartney torna a esibirsi nella più grande sala spettacoli d’Europa, lo stadio coperto che ha ospitato le gare di nuoto delle Olimpiadi.
La folla, 41.000 persone in fila fin dalle prime ore del pomeriggio, è un mosaico di generazioni e nazionalità. Oltre ai francesi, moltissimi italiani, inglesi, tedeschi, belgi, portoghesi, tutti accorsi per vedere, forse per l’ultima volta, l’idolo di tre generazioni. Un pubblico multigenerazionale, dai fan più giovani ai veterani che seguono McCartney da decenni, dalla bambina di sei anni con le cuffie protettive sulle spalle del padre, alla nonna con il bastone, una testimonianza inconfutabile dell’incredibile longevità di Sir Paul e dell’influenza universale della sua musica.
Il concerto è stato introdotto dalla proiezione di immagini che hanno celebrato la vita e la carriera di McCartney, in una serrata cavalcata sonora e visiva. Alle 20:40, l’inconfondibile crescendo finale di A Day in the Life risuona nell’enorme catino della Défense Arena, accompagnato dall’apparizione sui maxischermi di due fiammeggianti bassi Höfner. Repentino cambio di ritmo, gli strumenti iniziano a fiammeggiare: “And in the end …. The love you take … Is equal to the love you make”: Sir Paul, 82 anni, entra in scena elegante e rilassato, completo scuro e camicia bianca, basso a tracolla.
Inutile dirlo, si scatena il delirio. È accompagnato dalla sua fedele band, la stessa da oltre vent’anni: alle tastiere Paul “Wix” Wickens, alle chitarre Rusty Anderson e Brian Ray (che si alternerà al basso quando McCartney suonerà la chitarra o il piano). Alla batteria, Abe Laboriel Jr. e, per finire, il trio di fiati Hot City Horns (tromba, trombone e sassofono). McCartney saluta il pubblico a destra e a sinistra, in alto e in basso, gigioneggia come solo lui sa fare, poi un leggero pizzicare le corde del suo strumento ed è subito Can’t Buy Me Love, un classico dei Beatles di 60 anni fa accolto da un’ovazione fragorosa, con il pubblico pronto a cantare e ballare su ogni nota, come se il tempo non fosse mai passato.
Da lì in poi una performance impeccabile che ha incantato Parigi, 36 brani che hanno scandito i momenti più significativi della sua carriera, dai Beatles ai Wings, fino al suo percorso solista. Due ore e mezzo di concerto, senza pause, ricche di emozioni e nostalgia, cambiando spesso strumento, passando dal leggendario basso Höfner a una Gibson Les Paul rosa, a una folk a sei corde, un mandolino, un ukulele, fino al pianoforte. Un’impresa straordinaria per un artista la cui carriera è iniziata nell’estate del 1957 con i Quarrymen, il gruppo guidato dal giovane John Lennon.
Il concerto prosegue con Junior’s Farm, un vecchio singolo dei Wings pubblicato esattamente 50 anni fa. Con un sorriso dei suoi, McCartney “Salut la France!” (francesi in visibilio) e poi attacca un altro pezzo dei Wings, Letting Go, con la straordinaria sezione dei fiati che ne sottolinea l’energia. Introducendo Drive My Car Sir Paul si cimenta di nuovo con un timido francese, sbirciando per terra: “Je vais essayer de vous parler un peu français“ (Proverò a parlarvi un po’ in francese) che di nuovo manda in visibilio la platea francese.
Si prosegue con un altro brano dei Beatles, che innegabilmente sono quelli che più eccitano il pubblico, ed ecco Got to Get You Into My Life, reso celebre in Francia da Johnny Hallyday e quindi particolarmente apprezzato. Il batterista e i fiati giganteggiano, mentre sugli schermi scorrono immagini dei quattro Beatles riprodotti dall’intelligenza artificiale (sic).
Come ha detto poco prima McCartney, si alterneranno “vecchie canzoni, nuove e altre intermedie“: e arriva Come On to Me. Poi si toglie la giacca (con una incredibile fodera bianca e nera che mostra al pubblico), si rimbocca le maniche e cambia strumento: via il basso Höfner e avanti con la sua Gibson Les Paul rosa per eseguire Let Me Roll It, con un inaspettato tributo finale a Jimi Hendrix. Ora è la volta di Getting Better, che rispecchia pienamente l’antiteticità dei due autori quando ne scrissero il testo, la visione negativa di John e quella positiva di Paul. E forse le immagini di rovine e fiori che si rincorrono sugli schermi vogliono significare proprio questo.
McCartney passa al piano per suonare un altro pezzo targato Wings, Let ‘Em In, con il suo ritmo brioso da marcia militare, accompagnato dalle immagini di bande, sbandieratori e majorette. Mentre continua ad alternare inglese e francese per interagire con il pubblico, in un perfetto equilibrio tra spontaneità e precisione in un concerto curato nei minimi dettagli, dedica My Valentine alla moglie Nancy Shevell, presente tra il pubblico. Ad accompagnarlo le immagini di una clip di Natalie Portman e Johnny Depp (con chitarra). Seguono in sequenza, Nineteen Hundred and Eighty-Five (Wings) e Maybe I’m Amazed, la canzone scritta nel 1970 per sua moglie Linda che lo aveva sostenuto durante la separazione dei Beatles, con le immagini di lui e dei suoi figli piccoli.
Scende dalla pedana dove ha suonato il piano, imbraccia la folk a sei corde e attacca I’ve Just Seen a Face, la prima canzone interamente acustica registrata dai Beatles, una melodia che Paul aveva nel cassetto da tempo. La platea si impegna in un immenso controcanto con lui, mentre il maxischermo riproduce il palco del Cavern. McCartney continua ad introdurre i brani con aneddoti, battute e ringraziamenti. Ogni pezzo diventa un momento indimenticabile, la sua calda umanità rende il legame con il pubblico ancora più profondo (se mai fosse possibile…). “Questa è la prima canzone registrata dai Beatles”, dice riferendosi a In Spite of All the Danger, scritta nel 1958 insieme a un giovanissimo George Harrison, appena entrato nei Quarrymen. E poi, citando George Martin, il classico Love Me Do, il primo singolo registrato dai Beatles negli Abbey Road Studios.
Siamo in Francia, poteva mancare Michelle? No, non poteva mancare. Assente da molti anni nei concerti, la canta insieme al pubblico a cui l’ha dedicata. Ad aumentare l’ondata di emozione dei francesi ci pensano le immagini proiettate sugli schermi, Notre-Dame, la Torre Eiffel, l’Arc de Triomphe. Per Dance Tonight è un mandolino ad apparire tra le sue esperte mani, l’ennesimo strumento a sottolineare il suo eclettismo, mentre il batterista balla alle sue spalle.
Tra i momenti più emozionanti della serata, McCartney ha eseguito Blackbird da solo con la chitarra acustica, mentre una piattaforma mobile lo trasportava pian piano in alto. Un sapiente gioco di immagini lo ha fatto cantare sospeso in un cielo blu, davanti ad una immensa luna, come se volasse, libero come un uccello.
A metà concerto arrivano i momenti davvero “strappacuore”, in una sequenza di emozioni che mettono la platea davvero KO. È il momento di ricordare gli amici che non ci sono più.
Dedica Here Today al suo “amico John”. Inizia a cantare con la voce rotta dall’emozione, in un irreale silenzio del pubblico, che in gran parte non riesce a trattenere le lacrime. La voce non sarà più la stessa, ma l’intensità dei suoi sentimenti e le emozioni sono moltiplicate all’infinito, in una interpretazione indimenticabile. Alla fine, una mano sul cuore, lancia un bacio rivolto verso l’alto e finalmente il pubblico si scioglie in un applauso potentissimo e liberatorio.
Ora McCartney si sposta al piano: “Are you ready?” No, non eravamo pronti ad ascoltare subito dopo Now and Then, l’ultimo singolo dei Beatles, il brano inedito “ripulito” dall’intelligenza artificiale. Siamo di nuovo travolti dalla commozione e dalla nostalgia, mentre le immagini dei quattro Beatles ci sorridono dagli schermi, riportandoci indietro nel tempo.
La platea riprende fiato, nel senso che ricomincia a cantare a pieni polmoni con Lady Madonna e Jet, mentre fasci di luce colorata spazzolano il pubblico, una vera marea ondeggiante al ritmo delle canzoni. Ancora Beatles con Being for the Benefit of Mr. Kite! subito prima dell’omaggio a suo ”fratello” George. Something è un altro dei momenti più toccanti, suonata inizialmente con l’ukulele che lui gli aveva donato e poi con la chitarra, mentre Harrison ci sorride dagli schermi, spesso insieme a un felice McCartney.
C’è bisogno di alleggerire la tensione emotiva e ci pensa Ob-La-Di, Ob-La-Da, cantata in coro da tutti e 41.000 della Défense meno uno, il mio vicino di posto con i tappi nelle orecchie, che non ha mai mosso un muscolo o aperto la bocca per cantare, tipo un cartonato.
Dopo Band on the Run irrompono le scene del documentario di Peter Jackson e parte una scatenatissima Get Back. Una dolcissima Let it be illumina l’Arena, migliaia e migliaia di torce dei cellulari ondeggiano sulla platea. Inutile dire, si canta all’unisono, mentre un cuore di lucine si dissolve sugli schermi. La parte finale dello spettacolo è un’esplosione di energia, è il momento dei fuochi artificiali, nel vero senso della parola. Live and Let Die è accompagnata da spettacolari effetti pirotecnici. Da vivere, altro che morire!
Ultimo brano: Hey Jude, un unico coro unanime, con McCartney che guida il pubblico in un momento di pura celebrazione collettiva, uno spettacolo nello spettacolo, con gli schermi che rimandano i volti beati e soddisfatti della gente. Paul fa finta di andare via, scende la scaletta, pochi secondi e torna sventolando una enorme bandiera francese, mentre Abe Laboriel Jr. agita quella inglese e Brian Ray quella della pace.
Il bis comprende sei pezzi. “Questo è un pezzo speciale per me, e vedrete perché”, parte I’ve Got a Feeling e siamo tutti sul tetto della Apple a Savile Row. McCartney canta girato di spalle, in un duetto virtuale con John Lennon grazie alle immagini tratte dal loro ultimo concerto del 1969. “L’ho cantata con John ancora una volta”. L’ennesimo momento forte della serata.
Finale elettrizzante, con Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Reprise) e Helter Skelter, in una versione rock che avrebbe messo in ombra molte band contemporanee. Dopo aver ringraziato staff, tecnici e band, medley conclusivo di Abbey Road da leggenda: Golden Slumbers, Carry That Weight, The End. Saluta mettendo le mani a formare un cuore, tirando un bacio in primo piano, a favore di telecamera.
Il tempo è volato, non possiamo credere che tutto sia già finito. È stato un concerto monumentale, guidato con dolcezza e gioia da un vero supereroe del rock, con il suo spirito senza tempo. Nonostante una voce segnata dal tempo, Paul McCartney ha saputo trasmettere emozioni profonde e ha nuovamente conquistato il pubblico, offrendo uno spettacolo indelebile nella memoria di chi ha avuto la fortuna di esserci.
È proprio vero, “And in the end, the love you take is equal to the love you make“. McCartney di amore ce ne ha dato tanto in tutti questi anni, ed è stato ricambiato, ancora una volta.
“Alla prossima volta”, ha detto Sir Paul. E noi l’aspettiamo fin da ora.
by Annamaria De Caroli
SETLIST
• Can’t Buy Me Love (The Beatles)
• Junior’s Farm (Wings)
• Letting Go (Wings)
• Drive My Car (The Beatles)
• Got to Get You Into My Life (The Beatles)
• Come On to Me
• Let Me Roll It (Wings) (with “Foxy Lady” by The Jimi Hendrix Experience coda tribute)
• Getting Better (The Beatles)
• Let ‘Em In (Wings)
• My Valentine (dedicated to Nancy Shevell)
• Nineteen Hundred and Eighty-Five (Wings)
• Maybe I’m Amazed
• I’ve Just Seen a Face (The Beatles)
• In Spite of All the Danger (The Quarrymen)
• Love Me Do (The Beatles)
• Michelle (The Beatles) (first time since 2018)
• Dance Tonight
• Blackbird (The Beatles)
• Here Today (dedicated to John Lennon)
• Now and Then (The Beatles)
• Lady Madonna (The Beatles)
• Jet (Wings)
• Being for the Benefit of Mr. Kite! (The Beatles)
• Something (The Beatles) (dedicated to George Harrison)
• Ob-La-Di, Ob-La-Da (The Beatles)
• Band on the Run (Wings)
• Get Back (The Beatles)
• Let It Be (The Beatles)
• Live and Let Die (Wings)
• Hey Jude (The Beatles)
Encore:
• I’ve Got a Feeling (The Beatles)
• Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Reprise) (The Beatles)
• Helter Skelter (The Beatles)
• Golden Slumbers (The Beatles)
• Carry That Weight (The Beatles)
• The End (The Beatles)