Tropicalismo: la rivoluzione musicale brasiliana. I 3 dischi essenziali
Scritto da Giorgio Giovannini il 5 Maggio 2024
Tropicália: le origini
Quando si parla di Tropicália, generalmente si menziona un movimento culturale che non si limitava solo alla musica, ma coinvolgeva anche altre forme d’arte, come la letteratura, il teatro e le arti visive. Formalmente, la Tropicália è esistita solo tra il 1967 e il 1968, con le sue manifestazioni principali che si sono svolte nei festival musicali e nell’album Tropicália: ou Panis Et Circensis. Tuttavia, l’origine del termine risale a prima di questo periodo ed è interessante notare che proviene da un concetto creato dall’artista visivo Hélio Oiticica.
La sua intenzione era quella di creare un’estetica autenticamente brasiliana, che potesse rappresentare la cultura locale senza essere influenzata dagli standard europei.Questo movimento, noto oggi come uno dei più importanti cambiamenti artistici brasiliani, durante gli anni ’60, in cui il boom dell’industria musicale trovò nella nascita del rock la sua più grande espressione, fu fortemente d’impatto per l’innovazione artistica del Paese.
Il rock infatti, dopo aver conquistato l’Europa, cominciò a essere sempre più apprezzato anche in America del sud. Ma per arrivare alla nascita del Tropicalismo bisognò aspettare l’innovazione apportata dal Brasile, un Paese che nonostante il forte legame con la bossa nova, genere nato grazie a Vinicius De Moraes, Joao Gilberto e Antonio Carlos Jobim, ha cambiato la visione artistica in ambito musicale e letterario.
Le prime rappresentazioni teatrali e la repressione politica
Gilberto Gil, Caetano Veloso, Maria Bethania, Gal Costa nel 1964 (l’anno del colpo di stato dei militari) insieme a Tom Zè davano vita ad uno spettacolo intitolato “Nos, por exemplo”, con un’antologia di classici della musica popolare brasiliana dagli anni ’30 ai ’50, inaugurando il teatro Vila Velha della cittadina carioca. Era il primo di una serie continua di spettacoli che avrebbero condotto i nostri per l’intero Brasile a propagandare il nuovo verbo. Seguiranno infatti a breve, tra l’altro, Nova bossa velha e Velha bossa nova.
Il golpe e gli arresti di Gil e Veloso
Il regime militare brasiliano col passare del tempo si dimostrò sempre più contrario alla musica dei tropicalisti accusandoli di essere i principali fautori delle rivolte popolari. Imputarono i testi delle loro canzoni come testi contrari al governo e soprattutto contro il decreto AI-5, l’atto istituzionale che dopo il golpe del ’68 sancì un regime militare totalitarista, il quale indicò i tropicalisti come simpatizzanti di alcuni gruppi di guerriglia. Il brano maggiormente osteggiato dalle truppe militari fu Tropicalia: Ou panis et circensis, singolo in cui il senso di ribellione e la voglia di libertà rappresentano i temi principali.
Mentre la musica continuava a essere vittima del regime, nel frattempo le strade delle città brasiliane erano invase da rivolte contro il governo, dove masse di studenti persero la vita a causa di una violenta repressione. Si arrivò all’incarcerazione di Giberto Gil e Caetano Veloso, i quali vennero imprigionati con il pretesto di aver cantato l’inno brasiliano modificandone le parole criticando così la bandiera Auriverde. I due vennero condannati ai domiciliari. Dopo 4 mesi, nel ‘69, scelsero l’esilio decidendo di stabilirsi nella Redesdale street 16 di Chelsea, vivendo in Inghilterra per 3 anni; i due tornarono in patria solamente nel 1972.
I protagonisti
Il nome Tropicália è stato suggerito a Caetano Veloso dai sostenitori del movimento culturale proprio per il testo della sua canzone, poiché sembrava adattarsi perfettamente. Questo è forse l’unico punto di contatto tra la musica e le arti visive nel contesto della Tropicália: una sorta di coincidenza.
Se Oiticica voleva liberarsi del gusto straniero che permeava l’arte nazionale dell’epoca, l’obiettivo della Tropicália era più ampio, cercando di creare una sorta di “General Jelly” che includesse tutto ciò che era in armonia nel mondo. Le divergenze concettuali tra le due visioni sono evidenti, con Oiticica che credeva che la cultura brasiliana fosse totalmente distinta da quella europea, mentre la Tropicália mirava a una sorta di universalità culturale.
Oltre il tropicalismo: i moderni riferimenti
La popolarità e l’impegno sociale per alcuni di questi artisti si concretizzò anche in politica. Quando Lula venne eletto presidente del Brasile, nel 2003, invitò Gilberto Gil a diventare Ministro della Cultura. Gil accettò l’invito e ricoprì quel ruolo per cinque anni.
L’eco di Tropicália si è propagata così fino ai giorni nostri, influenzando artisti delle generazioni seguenti. Anzitutto David Byrne, che nel 1989 pubblicò l’album Rei Momo, com’è detto cioè a Bahía il Re del Carnevale, e inaugurò l’etichetta discografica Luaka Bop. L’etichetta produsse l’antologia tematica in due volumi Beleza Tropical e le successive ristampe delle opere di Os Mutantes e Tom Zé. Possiamo citare poi Beck, il cui lavoro del 1998 Mutations conteneva una canzone intitolata Tropicália.
La band Tortoise, tra i più importanti esponenti statunitensi del post rock che nel 1999 affiancarono Zé nella sua prima tournée americana. Quando il 23 gennaio 1993 i Nirvana suonarono al Rock in Rio, intervistato da MTV Brasil, Kurt Cobain pronunciò un’apologia entusiastica di Os Mutantes. Sette mesi più tardi Gil e Veloso pubblicarono l’album celebrativo Tropicália 2.
Tribalistas
Da non dimenticare il progetto che fa capo a 3 musicisti Arnaldo Antunes, Carlinhos Brown e Marisa Monte che nel 2002 realizzarono il progetto Tribalistas che portò all’incisione del disco omonimo con il singolo Já sei namorar che si piazzò tra le prime posizioni delle chart di tutto il mondo. Il nome Tribalistas fu scelto come tentativo di sintesi dell’esperienza e del rapporto tra i tre musicisti, per sottolinearne l’idea di gruppo. Il riferimento al tropicalismo di Gilberto Gil e Caetano Veloso è ovviamente evidente, come se il “tribalismo” fosse nato con l’idea di creare un nuovo movimento musicale o, per lo meno, un doveroso omaggio al più illustre e famoso predecessore.
3 dischi tropicalisti
Sicuramente il manifesto del movimento musicale tropicalista è il disco del 1968 Tropicália: ou Panis Et Circensis. Qui ci troviamo di fronte al paradigma che caratterizzarà questo brevissimo periodo storico in cui si porranno le basi di una musica legata indissolubilmente alle radici culturali del paese contaminate dalle sonorità rock e dalla psichedelia. Veloso, Gil, Costa, sono accompagnati dal gruppo degli Os Mutantes che con le loro sonorità acide rendono inconfondibile il sound di questo disco.
Il primo disco di Caetano Veloso del 1968 uno dei più importanti intitolato come l’autore. L’album conteneva alcuni pezzi epocali (Tropicalia appunto e il singolo Alegria, alegria) ed altri fondamentali nel canzoniere dell’autore (Superbacana, Paisagem útil, Soy loco por ti, América). Spiccava, già dalla copertina neo-psichedelica, un’attitudine provocatoria e coraggiosa che sui ritmi della bossanova inseriva stralci di rock’n’roll, di pop, di avanguardia, osando proporre nuovi modelli con una serie di citazioni che andavano dalla Coca-Cola a Brigitte Bardot, dal teatro al cinema.
Gli Os Mutantes probabilmente hanno incarnato nel migliore dei modi i valori del movimento, dimostrando di saper coniugare la forte influenza di Sgt. Pepper’s e la psichedelia dei Pink Floyd barrettiani all’interno della musica brasiliana, cannibalizzando i suoni che, metabolizzati, hanno creato un’identità rispettosa dei paradigmi suggeriti dal Manifesto Antropofago di Oswald de Andrade. Os Mutantes conta su molti brani scritti pricipalmente da altri autori del giro tropicalista. Gil e Veloso offrono Bat Macumba e il carosello onirico di Panis et Circencis, che stando alle parole di Rita Lee fu scritta in appena 15 minuti; lo stesso Caetano regala l’iconica Baby, che catapulta l’ascoltatore in un pub di San Paulo dell’epoca tropicalista; da Jorge Ben, Rita Lee si fa regalare il samba di A Minha Menina e riesce ad ottenere la presenza di Jorge alla chitarra; dai Mamas and Papas prendono in prestito Once Was a Time I Thought adattando la versione scritta da John Phillips ed intitolandola Tempo no Tempo (curando un arrangiamento in pieno stile antropofago); stessa sorte tocca a Le Premier Bonheur du Jour interpretata anche da Françoise Hardy.